19 ottobre 2014: Giornata Missionaria Mondiale

Città del Vaticano, 8 giugno 2014
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2014

Cari fratelli e sorelle,
oggi c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande
urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a
partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata “in uscita”.
La Giornata Missionaria Mondiale è un momento privilegiato in cui i fedeli dei vari
continenti si impegnano con preghiere e gesti concreti di solidarietà a sostegno delle
giovani Chiese nei territori di missione. Si tratta di una celebrazione di grazia e di gioia. Di
grazia, perché lo Spirito Santo, mandato dal Padre, offre saggezza e fortezza a quanti
sono docili alla sua azione. Di gioia, perché Gesù Cristo, Figlio del Padre, inviato per
evangelizzare il mondo, sostiene e accompagna la nostra opera missionaria. Proprio sulla
gioia di Gesù e dei discepoli missionari vorrei offrire un’icona biblica, che troviamo nel
Vangelo di Luca (cfr 10,21-23).
1. L’evangelista racconta che il Signore inviò i settantadue discepoli, a due a due, nelle
città e nei villaggi, ad annunciare che il Regno di Dio si era fatto vicino e preparando la
gente all’incontro con Gesù. Dopo aver compiuto questa missione di annuncio, i discepoli
tornarono pieni di gioia: la gioia è un tema dominante di questa prima e indimenticabile
esperienza missionaria. Il Maestro divino disse loro: «Non rallegratevi però perché i demoni
si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. In
quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre”.
(…) E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: “Beati gli occhi che vedono ciò che voi
vedete”» (Lc 10,20-21.23).
Sono tre le scene presentate da Luca. Innanzitutto Gesù parlò ai discepoli, poi si rivolse al
Padre, e di nuovo riprese a parlare con loro. Gesù volle rendere partecipi i discepoli della
sua gioia, che era diversa e superiore a quella che essi avevano sperimentato.
2. I discepoli erano pieni di gioia, entusiasti del potere di liberare la gente dai demoni.
Gesù, tuttavia, li ammonì a non rallegrarsi tanto per il potere ricevuto, quanto per l’amore
ricevuto: «perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,20). A loro infatti è stata donata
l’esperienza dell’amore di Dio, e anche la possibilità di condividerlo. E questa esperienza
dei discepoli è motivo di gioiosa gratitudine per il cuore di Gesù. Luca ha colto questo
giubilo in una prospettiva di comunione trinitaria: «Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo»
rivolgendosi al Padre e rendendo a Lui lode. Questo momento di intimo gaudio sgorga
dall’amore profondo di Gesù come Figlio verso suo Padre, Signore del cielo e della terra, il
quale ha nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti, e le ha rivelate ai piccoli (cfr Lc
10,21). Dio ha nascosto e rivelato, e in questa preghiera di lode risalta soprattutto il
rivelare. Che cosa ha rivelato e nascosto Dio? I misteri del suo Regno, l’affermarsi della
signoria divina in Gesù e la vittoria su satana.
Dio ha nascosto tutto ciò a coloro che sono troppo pieni di sé e pretendono di sapere già
tutto. Sono come accecati dalla propria presunzione e non lasciano spazio a Dio. Si può
facilmente pensare ad alcuni contemporanei di Gesù che egli ha ammonito più volte,
ma si tratta di un pericolo che esiste sempre, e che riguarda anche noi. Invece, i “piccoli”
sono gli umili, i semplici, i poveri, gli emarginati, quelli senza voce, quelli affaticati e
oppressi, che Gesù ha detto “beati”. Si può facilmente pensare a Maria, a Giuseppe, ai
pescatori di Galilea, e ai discepoli chiamati lungo la strada, nel corso della sua
predicazione.
3. «Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza» (Lc 10,21). L’espressione di
Gesù va compresa con riferimento alla sua esultanza interiore, dove la benevolenza
indica un piano salvifico e benevolo da parte del Padre verso gli uomini. Nel contesto di
questa bontà divina Gesù ha esultato, perché il Padre ha deciso di amare gli uomini con
lo stesso amore che Egli ha per il Figlio. Inoltre, Luca ci rimanda all’esultanza simile di
Maria, «l’anima mia magnifica il Signore, e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc
1,47). Si tratta della buona Notizia che conduce alla salvezza. Maria, portando nel suo
grembo Gesù, l’Evangelizzatore per eccellenza, incontrò Elisabetta ed esultò di gioia nello
Spirito Santo, cantando il Magnificat. Gesù, vedendo il buon esito della missione dei suoi
discepoli e quindi la loro gioia, esultò nello Spirito Santo e si rivolse a suo Padre in
preghiera. In entrambi i casi, si tratta di una gioia per la salvezza in atto, perché l’amore
con cui il Padre ama il Figlio giunge fino a noi, e per l’opera dello Spirito Santo, ci avvolge,
ci fa entrare nella vita trinitaria.
Il Padre è la fonte della gioia. Il Figlio ne è la manifestazione, e lo Spirito Santo l’animatore.
Subito dopo aver lodato il Padre, come dice l’evangelista Matteo, Gesù ci invita: «Venite
a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra
di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra
vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (11,28-30). «La gioia del Vangelo
riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si
lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore,
dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (Esort. ap. Evangelii
gaudium, 1).
Di tale incontro con Gesù, la Vergine Maria ha avuto un’esperienza tutta singolare ed è
diventata “causa nostrae laetitiae”. I discepoli, invece, hanno ricevuto la chiamata a
stare con Gesù e ad essere inviati da Lui ad evangelizzare (cfr Mc 3,14), e così sono
ricolmati di gioia. Perché non entriamo anche noi in questo fiume di gioia?
4. «Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di
consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla
ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Esort. ap. Evangelii
gaudium, 2). Pertanto, l’umanità ha grande bisogno di attingere alla salvezza portata da
Cristo. I discepoli sono coloro che si lasciano afferrare sempre più dall’amore di Gesù e
marcare dal fuoco della passione per il Regno di Dio, per essere portatori della gioia del
Vangelo. Tutti i discepoli del Signore sono chiamati ad alimentare la gioia
dell’evangelizzazione. I vescovi, come primi responsabili dell’annuncio, hanno il compito
di favorire l’unità della Chiesa locale nell’impegno missionario, tenendo conto che la
gioia di comunicare Gesù Cristo si esprime tanto nella preoccupazione di annunciarlo nei
luoghi più lontani, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio,
dove vi è più gente povera in attesa.
In molte regioni scarseggiano le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Spesso
questo è dovuto all’assenza nelle comunità di un fervore apostolico contagioso, per cui
esse sono povere di entusiasmo e non suscitano attrattiva. La gioia del Vangelo scaturisce
dall’incontro con Cristo e dalla condivisione con i poveri. Incoraggio, pertanto le
comunità parrocchiali, le associazioni e i gruppi a vivere un’intensa vita fraterna, fondata
sull’amore a Gesù e attenta ai bisogni dei più disagiati. Dove c’è gioia, fervore, voglia di
portare Cristo agli altri, sorgono vocazioni genuine. Tra queste non vanno dimenticate le
vocazioni laicali alla missione. Ormai è cresciuta la coscienza dell’identità e della missione
dei fedeli laici nella Chiesa, come pure la consapevolezza che essi sono chiamati ad
assumere un ruolo sempre più rilevante nella diffusione del Vangelo. Per questo è
importante una loro adeguata formazione, in vista di un’efficace azione apostolica.
5. «Dio ama chi dona con gioia» (2 Cor 9,7). La Giornata Missionaria Mondiale è anche un
momento per ravvivare il desiderio e il dovere morale della partecipazione gioiosa alla
missione ad gentes. Il personale contributo economico è il segno di un’oblazione di se
stessi, prima al Signore e poi ai fratelli, perché la propria offerta materiale diventi
strumento di evangelizzazione di un’umanità che si costruisce sull’amore.
Cari fratelli e sorelle, in questa Giornata Missionaria Mondiale il mio pensiero va a tutte le
Chiese locali. Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizzazione! Vi invito ad
immergervi nella gioia del Vangelo, ed alimentare un amore in grado di illuminare la
vostra vocazione e missione. Vi esorto a fare memoria, come in un pellegrinaggio
interiore, del “primo amore” con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il cuore di
ciascuno, non per un sentimento di nostalgia, ma per perseverare nella gioia. Il discepolo
del Signore persevera nella gioia quando sta con Lui, quando fa la sua volontà, quando
condivide la fede, la speranza e la carità evangelica.
A Maria, modello di evangelizzazione umile e gioiosa, rivolgiamo la nostra preghiera,
perché la Chiesa diventi una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile
la nascita di un nuovo mondo.

Dal Vaticano, 8 giugno 2014, Solennità di Pentecoste

FRANCISCO